Spesso ci si chiede quale sia l’approccio chirurgico migliore nella mastoplastica additiva ed in particolare quale sia l’area più nascosta dove collocare una cicatrice.
Tradizionalmente sono tre le principali via di accesso per poter impiantare una protesi mammaria:
- Il solco inframammario
- Il margine periareolare inferiore
- La regione ascellare
A questi si aggiunge il meno usato accesso periombelicale, in quanto non sempre permette al chirurgo di allestire una tasca protesica adeguata e ottimale ed inoltre non consente di posizionare protesi in gel di silicone, bensì solo si soluzione salina: la protesi infatti può essere “gonfiata” solo una volta giunta in sede.
Quali sono i vantaggi e gli svantaggi di un accesso piuttosto che un altro?
Nel caso del solco inframammario si ha una visione diretta del piano di allestimento della tasca protesica e si evita di incidere in prossimità dell’areola riducendone i rischi di ipoestesia e disestesia temporanea o permanente (riduzione o alterazione della sensibilità). La cicatrice è nascosta sotto il polo inferiore ma comunque visibile anche in Bikini quando si è sdraiate (e conseguentemente il reggiseno tende a salire leggermente mostrando il solco stesso) e questo può essere un limite.
L’accesso emiperiareolare inferiore permette di nascondere la cicatrice fra la parte pigmentata dell’areola stessa e la cute limitrofa risultando dopo alcuni mesi pressochè invisibile anche a seno nudo. E’ tecnicamente più complesso dal punto di vista chirurgico ma dà l’enorme vantaggio di poter modellare il polo inferiore, soprattutto in caso di ghiandole tuberose. Alcune volte viene convertito in una periareolare completa quando si deve correggere una lieve ptosi (caduta) mammaria, inestetismo non compensabile con un accesso inframammario. I contro sono quelli prima citati, ovvero la possibile alterazione di sensibilità del complesso areola capezzolo, anche se nella maggior parte dei casi è un fenomeno comunque raro e transitorio.
Per quanto riguarda la regione ascellare ha l’enorme vantaggio di avere una cicatrice nascosta in un’area solitamente non esposta. D’altro canto però, essendo una zona di stiramento e movimento, la qualità della cicatrice spesso non è ottimale. Inoltre diventa molto complesso eseguire una tasca adeguata e simmetrica da tale accesso e, la quantità di ghiandole sudoripare dove è presente l’incisione, corre il rischio di contaminare la protesi. Nel caso poi si debba procedere alla sostituzione della protesi stessa, spesso è necessario incidere da un altro accesso chirurgico condannando così la paziente alla presenza di due cicatrici.
In generale, non esiste l’accesso chirurgico ottimale: ognuno ha i suoi benefici ma anche i suoi punti deboli. Importante è non affidarsi ad un chirurgo che vi proponga un’unica soluzione in quanto “abituato” con quella. Ogni caso infatti va analizzato nel dettaglio e discusso con la paziente: spesso la paziente predilige la cicatrice nel solco piuttosto che nell’areola o viceversa; se possibile e non vi sono controindicazioni specifiche, si può tranquillamente assecondare tale desiderio.